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Isabella e il mistero del diario della nonna

Isabella e il mistero del diario della nonna

“Isabella, Isabella!” la mamma la stava cercando “dove sei? Dobbiamo preparare la valigia per andare a stare dal nonno in campagna!”.
La piccola Isabella sbucò fuori dal suo amato nascondiglio tra il letto e la scrivania, senza farsi vedere dalla madre. Adorava fare le valigie e adorava andare in campagna dal suo nonnino. Quella settimana ci sarebbe stata la festa di Halloween e nel paese dove viveva il nonno veniva organizzata una bella festa con tante decorazioni a tema e giochi per grandi e piccini.
Aprirono insieme la valigia e, oltre ai vestiti, misero dentro i libri preferiti della piccola che, dato che andava in seconda elementare e ora poteva anche leggere da sola, i suoi giochi, le bambole e i pupazzi del cuore, tra cui un bel gattone nero che le era stata regalato da nonna Isabella quando era nata. La nonna non c’era più da un paio di anni e per questo la piccola ci teneva tantissimo a quel pupazzo.
L’indomani, salirono tutti in macchina, mamma, papà e Isabella e si diressero in campagna.
“Mamma, mi piace guardare il paesaggio! Guarda quante mucche! Oh, ed ecco le pecorelle!”la piccola si entusiasmava per qualsiasi animale vedesse dal finestrino.
Appena posteggiata la macchina nello spiazzale antistante il casale del nonno, Isabella scese di corsa e si buttò tra le braccia dell’uomo che li stava aspettando sulla soglia di casa.
“Quanto mi sei mancato, nonnino!” Isabella strinse forte forte le braccia attorno al collo dell’uomo.
“Anche tu mi sei mancata tanto, cuccioletta!- rispose lui- ma ora, forza, scendiamo tutto il vostro bagaglio, lo sistemiamo nelle stanze e poi andiamo a fare un buon pranzetto contadino in cucina!”
Il papà prese le valigie e già sorrideva all’idea di quel abbondante pasto!
Isabella corse al piano di sopra: c’erano tre stanze da letto, una matrimoniale del nonno, una matrimoniale per gli ospiti dove avrebbero dormito mamma e papà e quella più piccola con una solo lettino dove da bambina ci dormiva sua madre.
Mobili, scale, muri e pavimento erano tutti in legno.
“Che buon odore” disse la piccola respirando profondamente. Adorava la casa dei nonni.
La mamma iniziò a sistemare le loro cose negli armadi, mentre al piano di sotto, in cucina, il papà e il nonno preparavano il pranzo. C’erano tante specialità contadine, uova fresche appena prese dal pollaio, salumi e formaggi di vario genere preparati dal nonno, verdura e frutta fresche, conserve e marmellate di vario genere sempre preparati da lui.
Il nonno non possedeva la televisione, non gli piaceva e si era sempre rifiutato di comprarne una, nonostante la mamma da piccola la desiderasse tanto. E ora che la nonna non c’era più, passava tutto il suo tempo a preparare conserve, marmellate e cibo di ogni genere che regalava ai vicini, ai parenti e che, soprattutto, spediva alla figlia che viveva in città.
“Nonno, come si chiama questo gatto?” chiese Isabella accarezzando un bel gattone nero che era appena entrato in cucina.
“Lui? L’ho chiamato Gatto Baldo e, da come fa le fusa quando lo chiamo, sembra proprio gradire questo nome” rispose il nonno sorridendo.
Gatto Baldo fece un bel miagolio di assenso.
“Gatto Baldo?  E’ un nome un po’ bruttino, potevi scegliere di meglio” disse il papà.
Gatto Baldo gli si avvicinò e gli soffiò. Il papà lo guardò malissimo.
“Era il nome di un gatto nero che aveva mia moglie quando era bambina. Da allora ogni gatto nero che si presenta in fattoria viene chiamato Gatto Baldo. Se non mi ricordo male, anche tua moglie aveva un Gatto Baldo all’età di sette anni. Questi gatti neri ogni tanto appaiono dal nulla, stanno un po’ di tempo qui con noi e poi, come sono apparsi, scompaiono” spiegò il nonno.
Il papà ascoltò il racconto continuando a guardare male il gatto. Gatto Baldo ricambiò continuando a soffiargli. Poi si voltò e si diresse verso Isabella, facendole le fusa. La bambina riprese ad accarezzarlo.
Nel pomeriggio tutti gli adulti andarono a riposarsi dopo pranzo; Isabella rimase così da sola a giocare con Gatto Baldo.
Ad un tratto, il gatto sparì. La bambina iniziò a cercarlo e nel mentre, notò una lampadina che si accendeva e si spegneva nel corridoio al primo piano. La bambina camminò lungo tutto il corridoio, superando le tre camere da letto. Il corridoio terminava con un muro sul quale c’era questa lampada a parete che si accendeva e spegneva in continuazione. Sotto la lampada, c’era un piccolo tavolino in legno.
“Ma chi ha acceso questa luce? E perché la luce va e viene?” si chiese la piccola.
Si sedette a terra per osservare meglio la lampada e, così facendo, notò una piccolissima porticina dalla quale poteva entrare solo un bambino. Isabella spostò il mobiletto che non era per nulla pesante e girò la maniglia per aprire la porta.
La porta non veniva aperta evidentemente da tanto, tanto tempo ormai, scricchiolò mentre si apriva. Isabella si spaventò e mollò la presa sulla maniglia. Il cuore cominciò a batterle forte. Una fredda brezza la raggiunse; lei si voltò di scatto, ma non capiva da dove provenisse quell’aria gelida.
“Chissà se il nonno sa dell’esistenza di questa porta” disse la bambina con un filo di voce.
La porticina era ormai semiaperta, dall’altro lato si intravedeva solo buio. Aveva deciso di richiuderla, quando  Gatto Baldo apparse dal nulla, la raggiunse ed entrò dentro la stanzina tetra. Isabella sentì il gatto miagolare, poi si accese la luce. La bambina aprì del tutto la porta ed entrò anche lei nella stanzetta nascosta. Era un piccolo sgabuzzino senza finestre, illuminato solo da una semplice lampadina. Era tutto impolverato. Non c’era nulla a parte un baule socchiuso, accanto al quale stava miagolando Gatto Baldo. Isabella, con le dita tremanti, alzò lentamente tutto il coperchio del baule, per poter vedere cosa contenesse … “Ma è il diario della nonna” esclamò!
Nel baule c’erano parecchi vestiti di halloween sovrastati da un diario con la copertina rosa, sul quale vi era scritto appunto Diario di Isabella.
La bambina diede uno sguardo veloce ai vestiti, c’erano abiti di mostri, fantasmi, vampiri e streghe. Che strani gusti aveva la nonna!
Gatto Baldo le miagolò e uscì dallo sgabuzzino. Così posò tutto ad eccezione del diario che aveva intenzione di portare con sé. Socchiuse il baule, spense la luce, chiuse la porticina e rimise il mobiletto al suo posto. La lampada al muro era invece già spenta.
Andò nella sua camera e iniziò a sfogliare il diario, pieno di foto sbiadite, fiori essiccati, bigliettini e foglietti sparsi qua e là. Voleva iniziare a leggere quando sentì la voce di mamma che la chiamava.
“Isabella, preparati, stiamo andando a fare una passeggiata in paese” sentì dire dal piano di sotto.
Così posò il diario e si cambiò per l’uscita.
“Nonno, la lampada al muro nel corridoio al piano di sopra deve avere qualche problema. Questo pomeriggio si accendeva e spegneva in continuazione” disse la piccola al nonno una volta saliti in macchina. I due si erano accomodati sui sedili posteriori.
“Tesoro mio, quella lampada non funziona almeno da una ventina di anni- rispose il vecchio accarezzandole la testa- io la volevo togliere e buttare, tanto era pressoché inutile, in quel punto lì non c’è bisogno di un punto luce. Ma tua nonna, non so per quale motivo, non voleva che la toccassi. Così l’ho lasciata lì”
Isabella rimase perplessa. Probabilmente il nonno ricordava male.
In paese stavano addobbando le strade per la festa di Halloween, una tradizione tipica di quella zona. Quella settimana, ci sarebbe stata nella piazza una fiera con tante bancarelle espositive con oggettistica di ogni genere e altrettante bancarelle con cibi e leccornie di ogni tipo. Quello che Isabella adorava mangiare erano le mele caramellate. Tutti si travestivano da mostri e da creature spaventose e ci si divertiva “da morire”.
La sera, prima di andare a dormire, la piccola iniziò a leggere il diario della nonna: non aveva detto a nessuno della sua scoperta pomeridiana. Era sdraiata a  letto, in pigiama; Gatto Baldo era sdraiato accanto a lei che dormiva beatamente.

“Caro diario” scriveva una giovanissima nonna Isabella “ è quasi arrivato Halloween e con la mamma stiamo confezionando a mano i vestiti per me e le mie cugine”. Sicuramente si riferiva ai vestiti che aveva trovato nel baule.

La nonna adorava quella festa, descriveva nel suo diario tutti i dettagli dei preparativi. Gli addobbi della casa, i preparativi in paese, cosa avrebbero indossato i vari conoscenti della nonna. Aveva annotato qualsiasi cosa. Poi, a un certo punto, descrisse la presenza di un magazzino in mezzo ai campi, vicino al piccolo stagno con le paperelle; scriveva semplicemente che il giorno prima non c’era e il giorno dopo era apparso in quel punto, come per magia. Isabella si mise a ridere.

“Nonna, ma cosa scrivi! La magia non esiste. Qualcuno l’avrà costruito e tu non te ne sarai accorta”

La ragazzina continuò nella lettura.

La nonna scriveva che era entrata a dare una occhiata e ci aveva passato dentro un pomeriggio intero.

“Dentro a una semplice rimessa?”

La notte del giorno dopo, ovvero la notte del 31 ottobre, Halloween, si era vestita come tutti gli altri ma invece di andare in paese, passò la notte al magazzino. Dopo la mezzanotte era tornata a casa e il mattino dopo il magazzino non c’era più.

Isabella era confusa. Quello che aveva scritto la nonna era tutto senza senso. Perché mai avrebbe dovuto passare la notte in un magazzino quando in paese c’era una magnifica festa? No, non lo spiegava nel suo racconto. Era tutto descritto per filo e per segno, tranne cosa avesse trovato dentro quella rimessa.  Continuò la lettura del diario per tutta la sera; la nonna non accennò mai più a quella notte e  il 31 ottobre successivo passò la festa in paese insieme alle sue cugine. Anche del piccolo capanno non c’era più alcun riferimento successivo.

Isabella conosceva molto bene la zona attorno allo stagno; ci aveva giocato una infinità di volte fin da piccola. Non c’era mai stato nulla del genere nelle vicinanze, ne era certa.

La piccola chiuse il libro e nel volerlo posare sul comodino accanto al letto, si accorse che accanto alla lampada da tavolo c’era un filo rosso di lana. Lo prese tra le dita e lo osservò incuriosita.

“ E tu da dove vieni? Poco fa non c’eri!” esclamò perplessa. Lo riposò, posò anche il libro sul comodino e si grattò la testa. Poi spense la luce e si infilò sotto le coperte a dormire.

L’indomani Isabella decise di andare allo stagno e, oltre alle solite paperelle, non vide nulla. A un certo punto sentì una folata di vento gelido; si girò per vedere da dove venisse, ma fu solo un attimo. La giornata era soleggiata e faceva caldo nonostante fosse già fine ottobre.

Durante la giornata trovò diversi fili di lana rossa che apparivano e sparivano; anche quello che aveva lasciato sul comodino era scomparso. Pensò che fosse colpa del gatto.

Andò a dare una occhiata alla porticina in fondo al corridoio del primo piano, ma era sparita anche quella. Isabella sobbalzò!

“E’impossibile” disse a voce bassa, tastando attentamente con le mani tutta la parete in legno. “Niente, nessuna apertura! Eppure, ho il diario … quello non è ancora sparito!”.

Un altro giorno passò e la vigilia di Halloween si avvicinava. Isabella non aveva preparato alcun abito, non amava travestirsi, a differenza di sua nonna. Le piaceva però mangiare e partecipare ai giochi con gli altri bambini. La mattina del 30 ottobre Gatto Baldo era scomparso. Lo stava cercando ovunque, ma non lo trovava.

“Vedrai che tornerà per mangiare- le ripeteva il papà- i gatti sono fatti così”.

Isabella si avviò verso i campi, doveva portare del pane secco alle caprette. Non appena la videro arrivare, le caprette la circondarono e mangiarono con gusto tutto il pane. Mentre la bambina rimetteva a posto la busta di carta vuota, si voltò e vide un lungo filo rosso di lana. Isabella trasalì. Un attimo prima non c’era.

“Tutte queste cose che appaiono e scompaiono in continuazione mi stanno facendo diventar matta” esclamò.

Salutò le caprette e si mise a seguire il lungo filo rosso. Impossibile che fosse finito lì per caso o per sbaglio. Il filo la condusse allo stagno, passava tra le papere starnazzanti e terminava davanti a un piccolo capanno di legno.

Isabella lo guardò stupita: non poteva credere ai suoi occhi, era il capanno descritto dalla nonna!

Un vento gelido la scosse dallo stato di stupore nel quale era rimasta bloccata; lentamente si avvicinò alla rimessa davanti a lei. Gatto Baldo apparve all’improvviso e si mise a miagolare. Era ormai davanti alla porta ma aveva paura a girare la maniglia. Si voltò e si accorse che il filo rosso non c’era più. Gatto Baldo miagolava con insistenza, come per incitarla ad aprire la porta.

Afferrò con decisione la maniglia e l’aprì, spalancandola davanti a se. E quello che vide era magico e fantastico.

La porta conduceva in un altro mondo, il Regno di Halloween. Era un villaggio addobbato con zucche, ragnatele, pipistrelli e tanto altro ancora. Le decorazioni in paese erano ridicole in confronto a quelle del villaggio. E gli abitanti non erano comuni abitanti, bensì …. Dei mostri! Frankenstein conversava serenamente con una strega mentre una mummia vendeva frutta e verdura presso il suo chioschetto a un vampiro.

“Isabella, entra e chiudi la porta” le disse Gatto Baldo accanto a lei.

La bambina si girò di scatto.

“Tu, parli???”

“Certo che si, ma puoi capire quello che dico solo nel mondo magico di Halloween” rispose il gatto sornione.

Isabella chiuse dietro di sé la porta e osservò tutto rimanendo a bocca aperta.

“Poche persone hanno il privilegio di poter visitare questo posto, ma solo una volta nella vita e solo all’età di sette anni” spiegò il micione nero.

Un fantasma bianco si avvicinò a lei e, dopo aver eseguito una sorta di danza in aria, le consegnò una busta dorata e si allontanò.

“Grazie! Ma cos’è?”

“Apri la busta e lo scoprirai” le rispose Gatto Baldo.

Era un invito a partecipare alla festa di Halloween che si sarebbe svolta la notte successiva, la notte del 31 ottobre. Isabella era stata invitata a partecipare in compagnia di Gatto Baldo e sarebbe dovuta presentarsi vestita a tema.

“Ti chiami veramente Gatto Baldo allora” esclamò la piccola dopo aver letto l’invito.

“Certo. Anzi, mi sorprendo del fatto che tuo nonno alla sua età si ricordi ancora di me!” disse il micio ridendo sotto i baffoni “sarà che si ricorda ancora degli scherzetti che gli ho fatto! Miamiamiao!”

“Allora eri sempre tu?”chiese Isabella.

“Si, in questo regno noi gatti neri abbiamo una vita lunghissima, a differenza dei colleghi terrestri. E siamo le uniche creature magiche alle quali viene concesso di uscire nel mondo reale. Anni fa sono stato io a portare tua nonna Isabella qui”.

“Com’era nonna? Dicono tutti che fosse fantastica, ma io non l’ho mai potuta conoscere” sospirò lei.

“Era più che fantastica. E credeva molto nella magia, a differenza tua. Io lo so che pensi di esserti addormentata e di stare sognando”.

Isabella si mise la mano davanti alla bocca per nascondere l’imbarazzo.

“Coraggio, ti porto in giro a dare una occhiata. Poi però ritorniamo a casa del nonno, devi preparare il tuo abito. Ho notato che non hai nulla da metterti” continuò Gatto Baldo.

“No. Avevo pensato di usare uno degli abiti di nonna nel baule, ma la porticina è scomparsa”.

“Non ti preoccupare. Hai dimenticato di star parlando con un gatto magico? Come l’ho fatta apparire l’altro giorno, la farò riapparire anche oggi”.

Isabella sorrise. Nel loro breve giro videro tanti fantasmi volteggiare in aria, erano adibiti alle consegne di posta e comunicazioni: in questo regno non esistevano né telefoni né cellulari. Videro, scheletri salutarsi tra loro mentre si incontravano per strada, mummie, zombie, streghe volanti, lupi mannari, tutti molto gentili e ben educati. Nessuno di loro faceva paura.

Isabella e Gatto Baldo tornarono alla porta da dove erano entrati e ritornarono nel mondo reale. Il gatto le spiegò che nessuno poteva vedere il capanno e, soprattutto, senza magia, nessuno avrebbe potuto aprire la porta.

La bambina corse verso casa; dalla cucina veniva un ottimo profumino di stufato arrosto. Avrebbe prima pranzato con i familiari e, poi, dopo pranzo, avrebbe scelto uno degli abiti della nonna adattandolo alla sua persona.

E così fece.

“Voglio l’abito da strega, Gatto Baldo. L’avevo già notato l’altro giorno ed era l’unico che mi piaceva veramente” disse la bambina mentre il gatto faceva apparire la porticina. La luce della lampada a muro ricominciò ad accendersi e spegnersi, proprio come era successo un paio di giorni prima. Ma ormai Isabella sapeva il perché. Prese l’abito da strega, viola e arancione, il cappello e poi il gatto richiuse la porticina.

Isabella salì in camera sua. Provò l’abito e le calzava a pennello. Però aveva la sensazione, una volta indossato anche il cappello, che mancasse qualcosa.

Scese in cucina per la merenda del pomeriggio, ovviamente dopo aver sistemato il vestito nell’armadio, lontano dalla vista di sua madre.

Il cellulare della madre squillò, ma sul display non appariva assolutamente nulla.

“Ma che cosa strana! E’ tutto il pomeriggio che fa così! – disse la mamma sbattendo le mani sul tavolo- non appare chi è e se rispondo non si sente nulla”.

“Uh, che cosa strana” disse Isabella addentando del pane e marmellata.

La mamma si avviò verso il bagno. Il cellulare tornò a squillare e per curiosità la bambina rispose.

“Pronto?” disse ridendo.

“Isabella? Sono io, nonna Isabella” disse una voce fievole e un po’ metallica.

“Nonna? Non ci posso credere …” la voce della piccola era rotta dall’emozione. Quante cose incredibili stavano succedendo in quei giorni!

“So che hai ricevuto l’invito al gran ballo di Halloween, tesoro mio! Sarà una festa meravigliosa, ti piacerà sicuramente. Quale abito metterai?” chiese la nonna.

“Metterò uno degli abiti che ho trovato nel baule, quello della strega” rispose la nipote.

“Bello, molto bello! Ti starà senz’altro bene! Quanti ricordi, anche io ho messo lo stesso abito quando invitarono me da bambina! Ma manca qualcosa all’abito”. “Cosa, nonna?”

“Vai nella camera da letto mia e del nonno, sul comò c’è un piccolo portagioie rosa. Il rosa è il mio colore preferito, non so se lo sai”.

“Lo so, nonnina, lo so. Mi hanno raccontato tante cose di te” disse sorridendo Isabella.

“Bene, tesoro mio- la voce sembrava rotta dall’emozione- Apri il portagioie, dentro c’è un anello con due pietre, una viola e una arancione. Prendilo e indossalo prima di andare alla festa, d’accordo? Mi raccomando, non te ne dimenticare, è molto importante!”.

“D’accordo, nonna”.

“Un’ultima raccomandazione: attenta al Nove. Ora però ti devo salutare. E’ stato un piacere poter parlare con te, piccola Isabella” disse la nonna con voce fioca.

“Anche per me. Ti voglio bene, nonna” disse la piccola tutto d’un fiato.

“Ti voglio bene pure io” disse la donna con voce tremante.

La conversazione si concluse con un sonoro tonfo. La bambina posò il cellulare della mamma sul tavolo della cucina, appena in tempo per non farsi vedere dalla mamma.

“Tutto bene? Perché hai gli occhi lucidi?” le chiese la mamma osservandola.

“Nulla, nulla. Solo un po’ di polvere. E’ tutto a posto”.

Poi la piccola corse al piano di sopra e, dopo essersi assicurata di non essere vista da nessuno, entrò in camera del nonno. Il portagioie era lì, esattamente come aveva detto la nonna. Sentì una brezza fresca, ma ormai era abituata a quella magica presenza. Lo aprì e trovò subito l’anello, che prese e se lo infilò in tasca. Poi sgattaiolò nella sua stanza, riponendo l’anello nel cassetto del comodino; attese l’orario di cena leggendo un libro che si era portata da casa.

“Ho dimenticato di chiedere alla nonna cos’è o chi è il Nove, mannaggia! Cosa avrà mai voluto dire?” pensò perplessa ripensando ai fatti fantastici della giornata “ scoprirò anche questo, devo solo aver pazienza”.

 

Il giorno seguente, Isabella venne svegliata da Gatto Baldo che si era avvicinato a lei facendo le fusa. Si sedette sul letto stiracchiandosi e iniziò ad accarezzare il micio.

“Buongiorno! Oggi è il gran giorno!” disse poi alzandolo in volo e iniziando a fare una serie di piroette nella sua cameretta. Lui la guardò malissimo, lei intuì il suo sguardo e lo posò a terra.

“Scusami …” gli disse con un sorriso “… ma sono troppo felice!”.

La giornata passò in maniera spensierata e allegra; Isabella con tutta la famiglia andarono nei campi dove il nonno coltivava le zucche per portarle in casa e preparare dei mostri spaventosi per addobbare l’edificio. Qualcuna l’avrebbero portata con loro alla festa in paese.

Ecco, era la festa in paese che preoccupava la bambina.

“Come farò ad andare alla festa nel regno dei mostri se contemporaneamente dovrei andare con la mia famiglia alla festa in paese?” chiese la piccola a Gatto Baldo mentre erano in cucina a fare colazione. Lui fece una serie di miagolii come a dire “non ti preoccupare, è tutto a posto”. Poi saltò sulla credenza in legno alla cui sommità c’era un antico orologio dorato, impreziosito da incisioni floreale, e cominciò a girare intorno ad esso e ad accarezzarlo con la coda. Isabella capì che all’orario stabilito per la festa sarebbe successo qualcosa, probabilmente qualche cosa di magico!

Nel pomeriggio, Isabella iniziò a prepararsi per la festa, indossando l’abito da strega della nonna.

“Non lo so, mi sembra di aver dimenticato qualcosa, ma non riesco a capire cosa!” si disse guardandosi allo specchio. Poi entrò in camera sua Gatto Baldo, che con la coda le fece cenno di seguirlo.

Scesero in cucina e osservarono l’orologio dorato. Scattarono le ore 19 … don … don … don … Era il normale suono che l’orologio emetteva per segnare il cambio dell’ora. Mentre Isabella fissava l’oggetto, si accorse di una cosa straordinaria che la lasciò a bocca aperta … le lancette stavano procedendo all’inverso! Gatto Baldo la guardò con un sorriso sornione: stavolta aveva aperto un varco temporale nel quale durante il quale nessuno avrebbe notato la sua assenza!

A questo punto il micio le diede un colpo di coda sulla gamba per indicarle di seguirlo e, insieme, si diressero verso il capanno.

Arrivati a destinazione, si ripeté la magia di due giorni prima e aprendo la porta la bambina si ritrovò nel magico regno di Halloween. Stavolta erano tutti di corsa, streghe, vampiri, fantasmi, scheletri, pirati, ragni giganti, zucche camminanti, c’erano mostri di ogni genere che si affaccendavano tra un negozio e l’altro per gli ultimi preparativi per la gran serata. In lontananza si vedeva il maestoso palazzo reale tutto decorato per l’occasione. Era tetro e maestoso allo stesso momento.

Isabella osservava tutto affascinata.

“Andiamo, piccola, avviamoci verso il castello. Sicuramente ci sarà fila per entrare” le disse Gatto Baldo che finalmente poteva riprendere a parlare.

Il castello era circondato da un gran fossato pieno di animali spaventosi come piranha e coccodrilli, che ogni tanto si sporgevano sulla superficie dell’acqua nella speranza che qualche ingenuo si avvicinasse a loro.

Per saltare il fossato avevano abbassato un ponte levatoio che permetteva a tutti gli invitati alla festa di dirigersi verso la porta d’accesso al castello.

Come aveva previsto Gatto Baldo, c’era già una gran fila e loro dovettero aspettare un pochino prima di riuscire a entrare. Ovunque c’erano grosse candele che illuminavano l’ambiente.

Una volta entrati nella sala principale della fortezza, trovarono enormi tavoli imbanditi con leccornie di ogni genere e gusto e si misero a mangiare con appetito.

“Buono questo! Ma cos’è?” chiese la bambina mangiando patatine fritte di grillo.

“Mmmm … intanto mangia, poi ti spiego …” rispose il gatto.

L’orchestra composta da gufi e pipistrelli cominciarono a suonare walzer tenebrosi e gli invitati iniziarono a formare le coppie e a danzare roteando tra di loro, volteggiando in aria.

Isabella li guardava a bocca aperta.

“Ti piace la festa?” le chiese una strega vestita di viola e arancione, esattamente come lei.

“Si, tantissimo. E’ fantastica!” esclamò la bambina.

“E pensare che nemmeno ci credevi alla magia!” continuò l’anziana strega.

Isabella la osservò meglio: c’era qualcosa di molto familiare nella voce di quella donna.

“Isabella, sono tua nonna” le disse la strega prendendole la mano. La bambina rimase qualche secondo immobile, poi l’abbracciò con tutto l’entusiasmo del mondo.

“Come sono contenta di poterti conoscere!”

“Anch’io, anch’io”

In quel momento, persino Gatto Baldo che osservava la scena mangiando fettine di topini sott’olio sembrava essersi commosso.

Le allegre e spensierate chiacchiere fra nonna e nipote vennero improvvisamente interrotte da una voce  cupa e oscura che ripeteva una sola parola. “N-O-V-E” …

Un vento gelido spense tutte le candele lasciando l’intero palazzo al buio; l’orchestra smise di suonare, tutti i ballerini rimasero fermi, pietrificati dalla paura.

Nove era un enorme mostro peloso e fosforescente dalle nove teste. La sua apparizione alla festa sconvolse tutti, che si misero a gridare e a scappare. Molti però vennero fagocitati dalle teste del mostro in perenne rapido movimento. Le possibilità di salvarsi erano ridotte al minimo …

“Presto, Isabella, l’anello! E’ magico, può aprire un portale magico che ci permetterà di scappare dal castello!” le disse sottovoce la nonna.

La piccola si mise le mani sul viso.

“Ecco cosa mi ero scordata! L’ho dimenticato nel cassetto del comodino, perdonami nonna” disse la bambina iniziando a singhiozzare.

“Presto, venite da questa parte” disse loro Gatto Baldo indicando una porticina nascosta dietro una pesante tenda rossa di velluto. Nonna e nipote lo seguirono in preda all’ansia.

“Chiudi la porta, presto!” disse il gatto alla bambina. Erano momentaneamente in salvo, ma il mostro li poteva scovare in ogni momento.

“Ma cos’era quell’essere?” chiese Isabella con grande affanno.

“E’ un mostro appartenente al Regno della Malvagità- iniziò a spiegare Gatto Bardo- purtroppo ad Halloween si vengono a creare tanti portali magici di collegamento tra i vari regni, non solo tra quello nostro e quello del mondo reale, ma fra tutti i regni esistenti e a volte capita che dal Regno della Malvagità spunti qualche brutto mostro. Quest’anno è arrivato il re di quel regno, il temuto e pericoloso Nove”.

“E tutti quelli mangiati da Nove che fine fanno?” chiese la piccola.

“Non appena verranno digeriti, le loro anime andranno a rinforzare l’energia vitale di Nove, rendendolo ancora più forte!” disse il micio.

“Dobbiamo salvarli e dobbiamo rispedire Nove al suo posto!” esclamò Isabella stringendo i pugni.

“E’ pericoloso, tesoro mio, cerchiamo piuttosto di stare al sicuro e aspettare che se ne vada”.

Gatto Baldo capì subito che la bambina stava progettando qualcosa.

“Dove potrebbe trovarsi il portale con il quale è arrivato fin qui?” cercò di ragionare Isabella.

“Sicuramente dentro il castello. E’ stato nel momento in cui abbiamo percepito quel vento glaciale” rispose Gatto Baldo.

“Possiamo localizzarlo?”

“Si, esiste  un modo. Basta una candela. Davanti al portale la fiammella si muoverà dapprima convulsivamente per poi spegnersi. Come è successo poco fa nella sala da ballo”.

Dall’altro lato della porticina non si sentiva più nulla. Isabella l’aprì girando la maniglia con enorme cautela. Il buio sovrastava ogni cosa, il silenzio sepolcrale era assordante. I tre uscirono lentamente; nonna Isabella prese una candela  da un tavolo ricoperto da piatti e bicchieri in gran disordine. La giovane Isabella si chinò a raccogliere una spada in acciaio appartenente a un mostro travestito da soldato medievale, probabilmente uno dei tanti trangugiati da Nove. Gatto Baldo soffiò sulla candela che si accese al volo.

Uscirono dalla sala da ballo principale e entrarono in una saletta secondaria. Non avevano visto nessuno durante il tragitto dalla porticina fino a quella saletta.

D’un tratto, diciotto piccoli occhietti fosforescenti si aprirono e li fissarono con odio. La giovane Isabella respirò profondamente e con forza tranciò di netto alcune delle teste di Nove, che si mise ad urlare. La nonna e il gatto cercarono di accendere più candele possibili presenti nella stanza; era il buio che aveva aiutato Nove nella sua malefica avanzata, poiché lui riusciva a vedere al buio ed era pressoché cieco con la luce. Più luci accendevano, più il mostro aveva difficoltà, mentre Isabella gli stava tagliando le teste una ad una. Infine, lei brandì  un colpo sul pancione aprendo un grosso squarcio dal quale iniziarono ad uscire le creature del Regno di Halloween appena ingoiate. Gatto Baldo intravide il portale dal quale era entrato Nove e lo indicò alla ragazzina. Lei gli diede un forte calcione e lo spinse dentro al portale; Gatto Baldo disse la parola magica per richiuderlo e così Nove sparì tornando nel suo mondo malvagio.

Tutti tirarono un gran sospiro di sollievo e applaudirono a lungo la giovane Isabella per il suo coraggio. Lei sorrise e, imbarazzata, li guardò per ringraziarli.

“Isabella, è quasi mezzanotte! Se non torni ora nel tuo mondo, rischi di rimanere qui bloccata per sempre!” le intimò Gatto Baldo.

Lei si voltò verso la nonna.

“Sono molto orgogliosa di te, piccola mia” le disse quest’ultima, abbracciandola.

“Sono molto felice d averti potuta conoscere, anche se per poco tempo” rispose la bambina.

“Coraggio, andiamo! Dobbiamo correre!” esclamò il gatto nero.

Insieme ripercorsero all’inverso la stessa strada fatta all’andata; arrivarono senza fiato alla porta dalla quale erano entrati.

“Vieni con me, Gatto Baldo?” gli chiese Isabella.

“Non posso, devo rimanere in questo regno. Mi ha fatto molto piacere incontrarti, sei una ragazzina coraggiosa!” disse cedendo alla commozione.

“Allora, addio, Gatto Baldo!” disse lei con voce fioca.

“Non è un addio, ma è un arrivederci! Tu non potrai più tornare qui e noi non potremmo più parlare così come stiamo facendo ora, ma arriverà il giorno nel quale la generazione dopo la tua compirà sette anni ed io tornerò nel vostro regno” le spiegò lui.

“Allora arrivederci, Gatto Baldo!” disse lei con le lacrime agli occhi. Non aveva capito appieno il senso delle sue parole. Lo avrebbe compreso crescendo.

Isabella girò la maniglia, aprì la porta e la richiuse dietro di sé. La fissò per qualche secondo, poi provò a riaprirla, ma stavolta era serrata. Non sarebbe potuta tornare mai più nel Regno di Halloween.

Corse verso casa, era buio e da lontano intravedeva le luci della casa. Entrò in cucina e vide che le lancette dell’orologio segnavano sempre le ore diciannove. In quel istante ripresero a girare nel verso corretto.

Isabella si mise a piangere.

Sua madre entrò nella stanza, e la trovò a singhiozzare in piedi, davanti alla credenza con in cima l’orologio dorato.

Non le chiese nulla e si limitò ad abbracciarla forte.

Di Pamela Cammareri

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