«Dai, svegliati è quasi Natale!»
«E allora cosa vuoi. Lo so benissimo che tra qualche giorno tutta la famiglia verrà qui, aprirà il
nostro pacco, sceglierà le palline e le luci più colorate e ci metterà nell’albero di Natale, ho già visto
questa scena da alcuni anni!»
«Dai, non essere gelosa, lo so che vorresti essere come me. Tu invece sei una delle tante palline
colorate. Io invece sono unica e vengo posta alla punta dell’albero con la mia forma di stella. Ma di
addobbo così ci sono solo io, te ne devi fare una ragione.» Disse la grande stella vantandosi della
sua bellezza.
Dopo qualche giorno la famigliola si radunò attorno al grande pacco che era stato ripreso dalla
soffitta di casa tutto pieno di polvere e di ragnatele. La madre dopo aver pulito il pacco indicò al
padre di tagliare il nastro adesivo. I piccoli di famiglia, curiosi come sempre, si addentrarono tra
luci e palline alla ricerca della grande stella. Era ormai una tradizione di famiglia che chi l’avesse
trovata per primo l’avrebbe posta sull’albero di Natale. Già da qualche giorno infatti un grande pino
aveva fatto capolino nella stanza più grande della casa: la sala da pranzo. Era stato posto lì in attesa
che la famiglia tutta riunita lo addobbasse per la festa più bella dell’anno.
Svelto come un leprotto Daniele, il più piccolo della famiglia, era riuscito a trovare quell’ oggetto
dei desideri e stava scappando in sala da pranzo con quel suo correre con i calzetti antisdrucciolo
che lo rendevano goffo e impacciato. Marco, il secondogenito, che non voleva essere da meno, gli
corse dietro e afferrato il braccio del fratellino lo fece cadere mandando per terra anche la grande
stella. Tutta la famiglia rimase con il fiato sospeso e controllarono i danni di quel importante
addobbo di Natale. Per fortuna non si era rotto in mille pezzi, come aveva paventato la madre, ma in
un punto si era tolto quel bel colore dorato. Purtroppo la famiglia non voleva che si rovinasse la
festa e il loro bellissimo albero con qualcosa rovinato e brutto da vedersi e così decise di comprare
una nuova stella. Quell’addobbo considerato ormai logoro e vecchio venne gettato in un sacchetto
della spazzatura e messo nel cassonetto dei rifiuti.
La stella era triste, sicura ormai di una fine segnata. Sarebbe stata portata alla discarica comunale
senza più un futuro, senza che qualcuno si potesse commuovere a vedere quella stella brillare tra le
luci di un bel albero addobbato.
Era ormai la notte di Natale e la stella stava piangendo al buio si sentiva sola e abbandonata quando
una piccola luce fece capolino nel sacchetto. Chi mai stava aprendo quel sacchetto sporco e
insignificante?
In poco tempo da quella luce spuntò una mano sporca e rugosa che afferrò la stella.
Appena fuori dal cassonetto la stella vide che quella mano apparteneva ad un uomo tutto sporco con
i pantaloni logori e le mani così nere che sembravano non aver visto l’acqua da anni. La stella pensò
che quasi sicuramente quell’essere era un barbone e lei non capiva perché l’avesse presa. In fin dei
conti non era da né mangiare e nemmeno così bella da risplendere ancora. L’uomo guardò
quell’addobbo e fece un gran sorriso da cui spuntavano solo due denti ingialliti e storti.
Dopo il primo momento di paura di quella creatura la stella sentiva in lui qualcosa di speciale: un
gran desiderio di far festa.
Dopo un lungo cammino il barbone portò Stella nel suo rifugio di fortuna. Il luogo era freddo e
spoglio. Si presentava privo di ambienti come la casa di prima era posizionato sotto un ponte e la
cosa principale era un letto con sopra una coperta attorno tanti oggetti di recupero posti in modo
disordinato. Il barbone guardandosi attorno prese un vecchio manico di scopa rovinato e ormai non
utilizzato da un bel po’ e pose la stella sulla cima, aggiunse poi un nastro colorato attorno al manico
rendendo il tutto quasi un albero di Natale.
In quel luogo dove le stelle del cielo facevano capolino sopra la stella del nuovo albero quell’uomo
fece un inchino e intonò un bel canto natalizio.
La stella si commosse di quel suono unico e soave e ringraziò il cielo per il più bel Natale che stava
vivendo.
Di Francesco Brusò